Identità Writer – EraS

Come ho raccontato qui per noi pendolari i colori che intravediamo lungo le tratte diventano parte del nostro viaggiare.
Se non si è troppo distratti i disegni e tutte quelle forme incomprensibili si fondono al palcoscenico del treno/teatrante. Dalle storie più o meno amene fino ai casi esistenziali che incontro ogni giorno, dalla disperazione di uno sfogo occasionale tra due sconosciuti fino al silenzio degli invisibili l’arte di chi disegna mi accompagna divenendo elemento imprescindibile del mio essere pendolare.
Attraverso il mio profilo Instagram sono riuscita a mettermi in contatto con alcuni writer; la complessità del loro mondo mi affascina e mi incuriosisce.
Ho chiesto ad un giovanissimo writer di rispondere a qualche domanda per cercare di comprendere questa realtà a me misteriosa .
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Nome d’arte ?
Nome d’arte Eras l’anagramma del  mio nome, ho cambiato la posizione delle lettere nel modo che più mi piaceva e la mia tag completa “eraser” che in inglese significa gomma da cancellare: cosa che nei graffiti non esiste, una volta lasciato il segno con lo spray non si torna indietro.

Crew di appartenenza?

Ho avuto una piccola crew inizialmente ma più che crew era solo un gruppo di amici che andava a pittare insieme abitualmente, poi sono uscito sia per motivi personali sia per ideali diversi rispetto agli altri del gruppo, ritengo che le crew sia una cosa non obbligatoria che viene da sola con il tempo e con la conoscenza tra i membri. Ci deve essere rispetto e dedizione. Detto questo, ora non ne ho una ma ho comunque altri amici con cui scendo abitualmente, tra di loro ci sono due ragazze.

Se vuoi dirlo quanti anni hai?

Ho 18 anni

Da quanto sei writer?

Sono writer da quasi un anno e mezzo ma sono vicino alla cultura da parecchio, mi sono innamorato dei graffiti quando ero piccolo: avevo all’incirca 8 anni quando, affacciato alla finestra, vidi un writer che dipingeva su una cabina di fronte casa mia e tutto questo mi affascinava perché non riuscivo a capire cosa ci fosse scritto su quella cabina. Un paio di settimane fa – solamente – ho decifrato quel pezzo e ho capito che quello che ho visto pittare era TOAD: writer ormai fuori dai giochi o quasi. Avrà 40 anni, forse.

Superficie preferita?

Superficie preferita muro, però ovviamente i graffiti sono nati sui treni e moriranno lì.

Qual’è il motore che ti spinge a disegnare? Cosa ricerchi nelle opere che compi?

Cosa mi spinge a disegnare… Principalmente l’ ego, il desiderio di rivedersi ovunque ,di essere sempre più forte degli altri ,di stupire il bambino che passa ,di essere apprezzato, di rimanere in qualche modo, per essere riconosciuto e ricordato per qualcosa che non tutti fanno o hanno il coraggio di fare. Mettersi in gioco, essere pronti ad essere giudicati. Dopo questo, la voglia di fare successo, di fare soldi e di viaggiare.
La voglia di continuare quasi 50 anni di cultura.

Puoi definire il train bombing una forma di street art? Credi che il writing sia un’esigenza narcisistica o comunicativa? A chi è indirizzata?

Mah, credo che raramente i graffiti si possano dire arte, solo in pochi casi quando ci stai ore, quando sei in posti legali; quella è arte. Il treno è altro, è adrenalina, è illegalità una dipendenza quasi. Il mondo dei graffiti è spaccato in legale ed illegale, a me piacciono tutte e due le cose: una la fai solo per te stesso e per chi ne capisce, l’altra può essere apprezzata anche da chi non ne capisce nulla.

Qual’è il tuo legame con la musica? Quanto influisce sulla tua espressione di arte?

La cultura che io amo è quella della hip-hop, ciò è dovuto al fatto che l’hip-hop non è la musica come spesso viene detto ma un movimento, la musica è quella rap. Detto questo, l’hip-hop ha in se 4 discipline: il rap, i graffiti, la break dance e il djing e da una ventina d’ anni possiamo dire che è nata la quinta il beatbox. Il legame tra queste discipline nasce negli anni 70 nel Bronx quando si organizzavano block party o jam session, ancora oggi esistenti, eventi in cui si mettono in pratica tutte e quattro/cinque le discipline.

Ogni giorno in trenO, nel mio viaggiare pendolare, osservo i colori sulle vetture e sulle mura e vivo le storie di un teatro in movimento. I panel che fotografo sono la copertina di quel vissuto che in/consapevolmente attraverso. Sei conscio di divenire parte del viaggio degli utenti?

Sono consapevole del fatto di diventare parte del viaggio ma spesso mi sorprendo a vedere i soggetti che sono colpiti da tutto ciò.

Credo nell’anonimato di un ‘artista e nel rispetto della sua espressione, eppure ritengo doveroso dare un ‘identità a chi manifesta la propria creatività. In una realtà che ci vuole tutti omologati apprezzo le voci fuori dal coro a discapito del “quieto vivere” . Esiste un “credo” nella tua libertà di manifestazione? Qual’è? Come vivi tutto questo? È uno spazio per vivere il tuo vero te stesso o è una forma integrativa?

Ci sono regole ben precise in tutto ciò che faccio, che più o meno dovrebbero essere uguali per tutti ma spesso non vengono rispettate o per ignoranza o per strafottenza e arroganza. Ci sono sicuramente modelli a cui io mi ispiro. Gente che ha fatto la storia, che comunque ha fatto cambiare idea a parecchia gente riguardo alla falsa idea di graffiti che spesso viene associata a delinquenza o criminalità. I graffiti fanno sicuramente parte di me ma non sono solo questo, è bello poter mascherare questa parte e farla uscire solo quando è necessario anche se quasi tutti i miei amici sono a conoscenza di ciò che faccio compreso la mia famiglia e anche se in parte comunque sostengono ciò che svolgo.

Se non fossi un writer cosa saresti?

Se non fossi writer, cosa molto difficile, probabilmente sarei un musicista o un artista di strada o un barbone; comunque qualcosa che possa essere notato da chi non conosco e che attiri l’attenzione.

 

*Photo Credit Eras

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Ringrazio Eras per la sua disponibilità e per l’attenzione che ha voluto dedicarmi. Con lui si apre la Categoria “Identità Writer” nella speranza che altri siano disposti a farsi intervistare per far conoscere la loro arte, poiché ritengo che non è evitando di parlare di una cosa che essa cessa di esistere.
” Il Writing ha il merito di creare un’identità comune nei giovani che cominciano a vivere la città come uno spazio in cui dare sfogo alla propria voglia di espressione artistica”, cit. Jorit Agoch.

** – Disclaimer: La seguente intervista è avvenuta in forma anonima, per cui l’autrice non conosce le generalità dell’intervistato. Le domande vogliono porre attenzione Sul fenomeno del train bombing e del writerismo e della Loro arte viaggiante; pertanto l’autrice non ha alcuna responsabilità sugli effetti che l’intervista può suscitare. – **

tiZ

44 pensieri riguardo “Identità Writer – EraS

  1. Più che l’intervistato, mi ha colpito la pazienza dell’intervistatrice (leggi: TIZ), lo scrupolo della stessa e dedizione all’argomento.
    Le parole del giovanotto mi si mischiano a quelle del quotidiano che ho letto stamattina, con le misure in atto per cercare di procurare un lavoro a questi under 30.
    Mah! Mi sa che sia come combinare un matrimonio dove l’amore sia l’ultima cosa ad essere presente.

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      1. Purtroppo.
        “Se non fossi writer, cosa molto difficile, probabilmente sarei un musicista o un artista di strada o un barbone; comunque qualcosa che possa essere notato da chi non conosco e che attiri l’attenzione.”

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  2. Che bella idea Tiz intervistare i writer. I treni sono spesso la loro tela e chi meglio di te che li fotografa da sempre. La cultura “graffitara” ha il fascino dell’anonimato, dell’energia creatrice, della strada, di una forma di comunicazione che è esplosione di un bisogno forte di dire che si sfoga su canali che trova, ruba, occupa. Bella intervista.

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    1. Grazie amica. In effetti proprio per il fascino che emettono mi piacerebbe continuare: per dare un’ individualità all’artista – pur non rivelando le sue generalità – affinché non restino solo delle scritte a noi incomprensibili 😙

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  3. Bella idea e ottima messa in pratica! L’intervista è interessante perché dà una voce a chi normalmente disegna per esprimersi, non scrive testi. Similari noi blogger che imbrattiamo i “muri” della Rete. Chi usa la vernice spray, chi usa la tastiera. Entrambi tra la legalità e l'”illegalità”. Quante volte hanno provato a imbavagliare la Rete, quante volte hanno imposto regole senza senso persone che per “rete” capiscono quella da pesca. Altrettanto a chi è all’esterno di questa cultura del writing (come me e affiungici che ho 30 anni più di Eras) può avere qualche perplessità. Personalmente trovo fantastico questo modo di esprimersi. Sia chiaro non sui muri delle abitazioni o peggio sui monumenti, ma questo è vandalismo e teppismo, non writing.
    Mi lasciano perplesso alcune parole di Eras: diventare famoso, la ricerca di attenzione a tutti i costi (sarei diventato un barbone)…Esigenza di immortalità a 18 anni? Mi pare prematuro 😉 Non do’ giudizi, ma mi piacerebbe un approfondimento su questo aspetto dell’intervista.
    Complimenti a te sore’ è in bocca al lupo a Eras.

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    1. Grazie red, in effetti ognuno come può si esprime e oggi non vi è alcun limite alla libertà di espressione. Eppure il writer riesce a conservare una “penombra” , un velato mistero che tanto manca sulla “rete” lasciando a chi osserva una singolare interpretazione. Baci fratè.

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    2. Per chi non l’ avesse capito quella del barbone era un eufemismo, di certo non è quella la mia aspirazione era solamente per far capire che comunque il graffito ha sicuramente per gran parte uno scopo egoistico, nasce secondo me dalla necessità di farsi notare e vedere e questo non l’ho detto io ma anche gente che studia psicologia

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      1. Ognuno di noi, a modo suo, vuol farsi notare altrimenti non ci renderemmo pubblici. È da ciò che nasce il nostro desiderio di affermazione come individui lontani dal nucleo familiare, dal desiderio di sentirci adulti e “unici” per trovare il proprio “ singolare ” posto nel mondo. .
        Vai Eras, continua così !!

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      2. Ciao Eras, sono quello che non ha capito la metafora del “barbone” 😉
        Che vi sia una componente dell’Ego molto forte è indubbio anche dalle tue parole e non c’è bisogno di scomodare psicologi perché a me basta la tua di parola, che sei uno che vive il writing. Gli psicologi che vanno in giro a fare del writing sui treni non credo ce ne siano molti. Preferisco chi vive la strada, chi vive la sua passione.
        E di passione che volevo parlare con la mia provocazione.
        Quando scrivo (sono un blogger) lo faccio per passione e condivisione, non per fama o narcisismo. Sicuramente pari di ego e narcisismo sono presenti in chi scrive, ma sono marginali (almeno nel mio caso), diciamo sono un effetto collaterale dell’eventuale apprezzamento di ciò che scrivi. Nell’intervista viene fuori più l’ego che la passione. Punti di vista personali e magari non condivisi, ma i blog sono belli per questo: ti puoi confrontare.
        Ciao e buon writing!

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    1. Gian laaciamo all’artista la libertà di restare anonimo, vedi Bansky sono anni che cercano di individuare chi sia in realtà. . E invece io credo sia giusto non rivelare.. non rivelarsi mai del tutto. . ma conservare un po ‘ di sano anonimato in cui richiudersi ogni volta che so rende necessario. Grazie a te .

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