tiZ on Cartaresistente – “Lettera F – fAngO – facebOok – frAgile”

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Cara Maria, sono felice tu mi abbia riscritto. Quando ho aperto questa pagina di facebOok ero ignara di cosa mi avrebbe riservato.

Mi scrivi che ti senti sola, che ti sembra di portare un peso enorme da portare sulle spalle. Che senti come se la tua vita fosse altrove, in un universo parallelo dove tutte le idee sono chiare, i compiti ben decisi e i ruoli definiti. Perché senti di girare intorno senza arrivare a capo di niente. Come è che hai scritto?  ” Mi sento sempre al punto di partenza, come se mi mancasse qualcosa, un desiderio forte di aggrapparmi a qualcuno che mi salvi e mi porti via da questa torre che io stessa ho innalzato. ” Forse la verità è che ciò che ti circonda non ti appartiene e che fai fatica ad omologarti ad un sistema che ci vuole tutti uguali, con le stesse mancanze, con gli stessi bisogni indotti! Sei un essere frAgile e hai riconosciuto che la verità è altrove, lontano dal mood del momento, dei selfie tutti uguali dove l’unica cosa che cambia ogni volta è il colore delle mattonelle del bagno. Il food porn, vegan, gluten free, sbattuti e condivisi e triti e ritriti come un ‘ ossessione e mille foto uguali come a ribadire di essere felici, bellissimi e riconosciuti. È questa richiesta di conferma che trovo estenuante, neanche io riesco a fare tanti complimenti così di continuo e ti dirò di più le continue rassicurazioni ed elogi mi fanno pensare: tantissimo!  La comunicazione è fatta anche di infiniti silenzi e tempi di calma e attese. È tutto un ritrovarsi continuamente senza lasciarsi mai.  È non doversi difendere ad oltranza, stando accorti a scegliere ogni singola parola per non essere fraintesi. Altrimenti addio like e Follower! !!

Mi manca l’aria Maria, la settimana scorsa ho preso tutto e sono scappata, ho preso un treno per i Campi Flegrei, volevo avvicinarmi al mare, scendere a Bagnoli e lasciare che l’odore del mare mi travolgesse.  Volevo imprimerlo per richiamarlo nelle notti di attese quelle dove è impossibile dormire, ché ogni genere di pensiero ti viene a chiamare. Come un urlo, come una jastemma dal profondo della terra.

Mi sono divertita, sai? In mezzo a tutta quella gente sconosciuta, nessuno sapeva chi ero, nessuno mi faceva domande o si preoccupava per me. Solo una signora mi ha porto una caramella ad un certo punto ha detto: – Sei così bianca e le tue labbra sono così livide. – Allora ho accettato e mi sono voltata verso il finestrino per non farmi scorgere più. Ero libera, non dovevo compiacere nessuno. Dovresti provare !!!

Vedi, alla fine credo siamo tutti un po’ soli, certe conquiste vanno realizzate in autonomia, l’idea di doversi aggrappare a qualcuno non la sopporto più. E se poi quel qualcuno all’ improvviso cede? Se non arriva mai? Eh Maria? Forse è vero che la vita è fatta di rari momenti di complicità e di gioia, dove si è al posto giusto con la persona giusta. E quella felicità ti riempie, ti satura, esplode tutta insieme come se fosse un tappo che aspetta per scoppiare mentre lo trattieni.

Sai, anche se sarà la quarta volta che ci scriviamo, io non credo tu possa essere come loro, le tue amiche, le pseudo amiche o contatti follower di perfetti sconosciuti.  Non c’è nelle tue parole una sola frivolezza, non ti ho vista litigare pubblicamente con nessuno, né godere dell’umiliazione di alcuno mentre i tuoi amici gli gettavano fAngo addosso. Prendi le distanze, tratta il mezzo come ciò che è: un canale di condivisione di cose che vanno pubblicate.  Come hai sempre fatto, dentro il limite della decenza, nel rispetto dell’idea altrui, senza dare peso al giudizio di emeriti sconosciuti che della tua vita non conoscono nulla, né i passi che hai fatto né le tue paure o tuoi difetti. Non ti curare della loro opinione, in genere tutti gli stupidi sono uguali e vanno dove vanno gli altri.

Quando ho aperto questa pagina di facebOok  “un cuOre per MIA”  volevo solo sensibilizzare gli altri alla cultura del dono degli organi, riportando i diversi casi succeduti in Italia, parlare del coraggio che hanno avuto quei genitori al momento della dipartita dal loro figlio e hanno scelto “Si”. È una cosa che mi fa piangere ogni volta e mi emoziona, un atto di ultimo disperato appello di far rivivere l’amato, anche se nel corpo di un altro, come una rinascita.

Cosa ne so io nei miei quindici anni di tutto questo? Niente! So solo che aspetto un cuore nuovo, che il ventricolo compromesso non mi consente il Berlin Heart, che mia madre è estenuata, mio padre vive schiacciato dai sensi di colpa, che la mia famiglia allargata comprende decine tra infermieri e medici e personale paramedico. Che dovrei uscire, correre, farmi un ragazzo carino, vivere nella leggerezza della mia adolescenza, condividendo consigli su trucco, capelli e progetti per il futuro, della mia passione per i cavalli, di cose così.

Cara Maria, dici che hai paura, che ti sembra tutto così grande, così insostenibile, più forte di te e mi chiedi come faccia io a sopportare tutta questa sofferenza.

Ma, io non ho paura del dolore è la speranza che mi spaventa, mi annienta, mi uccide.

I miei follower mi scrivono parole di solidarietà accompagnate da emoticon saltellanti, pochi sento vicini, solo tu hai avuto il coraggio di scrivermi in privato per chiedermi come sto, come mi sento e come mi chiamo veramente.

Voglio farti un regalo: ascolta la canzone di Eduardo de Crescenzo – La strada mia, me la canta sempre il mio papà, sono certa che ti piacerà.

Grazie, perché nelle notti lunghe come queste, trascorse ad aspettare la sirena dell’elisoccorso, col trasporto di organi che forse anche oggi non verrà, ci sei tu.
Ti abbraccio. Mia

 

 

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tiZ

CreditS
In Busta Chiusa n. 6, un progetto di Cartaresistente
Lettera F, di Tiziana D’Ambrosio
Illustrazione di Davide Lorenzon

22 pensieri riguardo “tiZ on Cartaresistente – “Lettera F – fAngO – facebOok – frAgile”

  1. Eccomi qua. tiZ, questo – lo sai – è e sarà un commento sofferto. Lacerato tra lo scriverlo e rimanere in silenzio, che per me è una forma dell’estremo rispetto possibile. Sono che parla, scrive dove lo dita lo portano, rischio di essere additato come “logorroico”, quando si tengono sull’educato. Ma essendo un timido e, avendo capito quanto mi abbia limitato questo aspetto caratteriale, in vecchiaia ho elaborato una contro-misura che è opposta e di forza uguale. Quindi al silenzio delle emozioni, preferisco esternarle, sia quel che sia.
    Leggo subito questa tua – riduttivo definirla tale- lettera. Rimango colpito. Ma non già dall'”estetica” del racconto, ma da qualcosa di più profondo, nascosto, ma allo stesso tempo così palpitante in Mia, tra le righe, negli spazi, e in tutte quelle persone che, nel momento in cui scrivo, sono ad “aspettare la sirena dell’elisoccorso, col trasporto di organi che forse anche oggi non verrà”.
    La donazione degli organi è un atto di generosità enorme che avviene in un momento terribile. Il dolore spesso ha l’effetto – legittimo – di fare richiudere in se stesse le persone: cercano un motivo che non troveranno mai, cercano un motivo per pensare a domani senza la persona amata, cercano la forza dentro se stessi di reagire. O collassano.
    Ebbene, chi in questi momenti terribili riesce a pensare a un tale atto di generosità, è un eroe, un vero eroe ovvero un individuo capace di azioni straordinarie, meravigliose.
    Mia è una ragazza dolcissima. Quando ho finito di leggere, l’avrei voluta abbracciare e portarla via a fare ‘na cammenata abbasc’ a Mare Chiaro, farla sedere a un tavolino, quattro patatine e una birra…io la birra, Mia una bevanda analcolica a sua scelta 😉
    Come ti ho sciritto e non è copia e incolla, ma è una conferma dopo un lungo “invecchiamento” come il vino di rara qualità che questa tua lettera è di rara sensibilità (nel senso che è impossibile rimanere insensibili) e delicatezza di un tema, di cui poco si parla, e che dovrebbe essere in TV pubblicizzato almeno quanto l’utlima automobile la più figa per i più fighi che c’è. Dovrebbero fare una legge: tu produci auto inquinanti, beh allora devi spendere una quota del tuo budget pubblcitario per promuovere la diffusione di idee “salutari” per la società, tipo la donazione degli organi.
    Mi è venuto giù tutto di un botto e…di getto, Ce l’avevo dentro, ma aveva bisogno di tempo, evidentemente.
    Grazie, mi avete com-mosso. Ringrazio io, ringraziano le mie dita a te, cara tiZ, a Cartaresistente e a Mia.
    Mia, jàmmuncenne abbasc’a Margellina e ce magnamme o’babbà ccchiù gruoss ca tene Ciro.
    Un abbraccio

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    1. Caro Claudio magari tutti i logorroici fossero come te! Non c’è molestatore peggiore del logorroico che si auto incensa e di quello che parla a scHiovere per ore senza dire niente.
      A seguito delle perdite di cui tu sai, la psicologa ci ha aiutato ad esternare. Ed io sono andata a ruota libera sviscerando tutto lo scenario che gira intorno al dolore. E la cosa che ricordo più chiaramente era la mia rabbia per il silenzio che gira attorno alla morte, come fosse tabù, una cosa di cui non si può parlare, ma solo ingoiare, tacere e negare.
      La risposta è arrivata, come dici tu, di uguale forza e di moto contrario : parlate, parlatene, esprimete, scrivete. Perché il silenzio vi soffocherà, sarà come avere una bara dentro casa col morto sempre presente. Quindi sono felice che tu mi abbia scritto, non sai quanto, e che a farlo sia stato tu con le tue modalità chiare ed esplicative, caratteristiche di chi sa guardare oltre e di chi “vuole vederci chiaro”. Poiché in queste righe c’è sempre qualcosa di me, c’è sempre la mia vita e rimandi ad essa – vedi il treno per i campi flegrei – senza architetture.
      La cosa che più mi faceva rabbia era proprio questo silenzio, dentro quei corridoi. Si tornava a parlare del niente come se niente fosse, a condividere il futile, il mood del momento… e tutto questo mi annichiliva.
      Grazie Cla’ tu hai fatto la cosa più importante per me, ne hai parlato, anche se con dolore, con profondo rispetto e partecipazione. Un abbraccio grande.

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      1. Sono felice e non sai quanto di essere riuscito a non “rovinare” tutto con il mio fiume di parole che rischia di essere un parlare a schiovere. Ci ho provato, anche lacerato dentro, con le dita contratte e incrociate. Ci ho provato e tu mi dici che c’è l’ho fatta! Il silenzio per i corridoi è forse un’egoistica auto-difesa, un nascondere la testa sotto la sabbia. Ma non siamo struzzi, no? Per quanto io li abbia visti in Africa razzolare con un mucchio di piccoli al seguito e fossero magnifici!
        Grazie a te che mi hai tirato fuori dalla “sabbia” e, sì che se ne parli come lo hai fatto tu!

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